giovedì 24 ottobre 2013

RISTORANTI E LOCALI RUSSI- in cosa sono diversi da quelli italiani

La cosa più frequente che sento dire da italiani che si accingono ad andare in Russia anche solo per turismo è: “oh mio dio, si mangerà malissimo!”. Anche questo è un luogo comune che ha del vero, ma che può tranquillamente essere sfatato se si sa come orientarsi. Innanzitutto, dipende molto da quale città russa è oggetto di critica. Mosca e San Pietroburgo- la prima in particolare, sono oggi megalopoli con molte caratteristiche standard che hanno tutte le grandi città mondiali, uniformate dal punto di vista della varietà del cibo, dei prodotti, dei marchi eccetera. Vi esalterete a vedere il Mac Donald’s scritto in cirillico, e una quantità davvero notevole di catene di ristoranti anche a buon mercato accanto a chiese ortodosse o edifici in stile sovietico. Il contrasto è molto interessante. Troverete in quasi tutti i supermercati medio- grandi prodotti italiani di ottima qualità (il prezzo chiaramente non sarà proprio economico in alcuni casi), perciò sarà possibile cucinarsi in casa pastasciutte discrete, bruschette e piadine. Quello che è più difficile da trovare è chiaramente la mozzarella di bufala (a meno di non andare in ristoranti italiani di altissimo livello; in quel caso, mangerete divinamente e vi serviranno prodotti freschissimi importati e cucinati all’italiana), nonché mancano chiaramente panetterie/ focaccerie e pasticcerie come le intendiamo noi. Posso però dirvi che il miglior pecorino del mondo l’ho gustato a Kiev ed era un pecorino romano importato, preso in un supermercato locale. Intendo affermare che si può mangiare cibo italiano in Russia di ottimo livello e ci si può sentire a casa anche lì- per chi volesse farlo.
Suggerisco però ai meno abitudinari di tuffarsi ad esplorare la Russia senza ancorarsi alla pastasciutta, e scoprirne le delizie culinarie. La cucina russa è assolutamente da provare, bisogna soltanto andare nei posti giusti. Ci sono ristoranti russi di ottimo livello, siberiani, ucraini dove potrete conoscere le principali e più tradizionali portate locali. A San Pietroburgo c’è il ristorante del Museo della Vodka dove si mangia meravigliosamente e si degustano deliziose vodke (ricavate anche dai funghi, ad esempio) nonché рюмки, riùmki (bicchierini) di pozioni leggermente meno alcooliche che si fanno bere fin troppo bene (yablonèvka, un liquore tratto dalle mele, ad esempio, è favoloso). Se volete provare la cucina casalinga russa senza pretese (e senza grosse spese) una catena molto famosa è diffusa ovunque a Mosca è ёлки палки (iòlki pàlki). Si tratta di un ristorante economico di cucina esclusivamente russa, con arredamento squisitamente kitsch e caratteristico delle dache di campagna e un carretto di legno con pietanze a buffet (ne uscirete devastati da aglio e cipolla, ma è molto folkloristico e ve lo consiglio vivamente). Allo stesso modo vi sono dei self service economici a buffet (a Kiev il famoso Пузата Хата, Puzata Xata) dove mangerete come mangia il russo/ucraino medio a casa sua (certamente peggio, perché si sa che la cucina casalinga è sempre migliore di qualunque tavola calda).
Mosca non offre soltanto questo genere di ristoranti, ma locali con cucine internazionali di ogni genere e tipo. Diffusissimi sono i ristoranti giapponesi, tutti organizzati in grosse catene quali Планета Суши-Planeta Sushi,  Якитория- Yakitoria,  Две Палочки- Dve Palochki (il mio preferito), Ваби Саби -Wabi Sabi. Ottima e da provare assolutamente è la cucina georgiana (mediterranea, non dissimile dalla greca e dalla nostra) con ottimi vini, formaggi, insalate, spiedini e l’eccezionale khachapuri (sorta di focaccia al formaggio suluguni cotta nel burro sulla pietra ollare o al forno; prendetene uno in due perché da solo è davvero troppo sostanzioso anche per gli stomaci di ferro). A Mosca un buon georgiano è il Саперави- Saperavi vicino alla fermata Bielorusskaya. In generale sono molto diffusi e quasi sempre squisiti i ristoranti “orientali” ovvero uzbeki, kazaki, azzeri, armeni, dove l’atmosfera è rilassante e si fuma l’ottimo kaliàn (narghilè). Uno favoloso ma caro è Шербет- Sherbet a Mosca.
Altrimenti potete sbizzarrirvi su cucina europea/internazionale, diffusa in locali piuttosto trendy e cari, ma da provare. Un’ottima catena di ristoranti che unisce qualità ad ambiente raffinato e spesso associato ad un ottimo panorama è Ginza Project a San Pietroburgo. A Mosca ci sono moltissimi ristoranti chic dove si mangia molto bene, ma preparatevi a spendere sui 45-75 euro a testa.
Per quanto riguarda fast food e caffetterie, vi sembrerà di essere in America: c’è Starbucks, Sbarro pizza, Mac Donald’s, KFC e via dicendo. Un tipico fast food russo da provare è Teremok, con bliny da farcire a piacimento; ci sono poi le caffetterie russe, di cui si è tempestati ad ogni angolo: Шоколадница, Shokoladnitsa e Кофе Хауз, Coffee House. Si mangiano torte e dolci squisiti all’americana ma occhio ai prezzi. Cappuccini e torte costano davvero troppo, a volte non ci si rende conto e per una colazione con torta, caffè e spremuta partono il corrispettivo di 15 euro.
Una delle cose che più adoro di Mosca è che non dorme mai: si può mangiare ad ogni ora, fare qualunque cosa si desideri, fare la spesa anche di notte. Un’altra cosa eccezionale dello spirito russo è che sanno perfettamente come rilassarsi: hanno la cultura del raggrupparsi a chiacchierare comodamente seduti, affiancati da the, kalian, vodka e sempre da cibo. Per i russi l'atmosfera del salotto con amici è un momento importantissimo della vita sociale., che adorano e al quale non rinuncerebbero per nulla al mondo. La mia professoressa di russo mi raccontò che ai tempi dell'Unione Sovietica ci si trovava nelle cucine delle case (perché quasi nessuno aveva tanti soldi da possedere un appartamento non in condivisione e con il salotto) a parlare per ore, sorseggiando the e mangiando insieme, e si coprivano i telefoni con un cuscino per paura di essere ascoltati dal governo a parlare male del regime. Per questo il tipico locale russo tenta di ricalcare l'atmosfera di casa, e si presenta come un bar-ristorante come ampio, accogliente, con sempre la possibilità di ordinare cibo oltre che bevande, a qualunque ora e di qualunque tipo. In alcuni bar ci sono addirittura salette private, chiuse da tende o da porte, nelle quali rilassarsi con un gruppo di amici come se ci si trovasse a casa (a volte con tanto di televisione, o karaoke).  In questo c’è una grossa differenza con i locali e bar di Milano, ad esempio, e in generale italiani. Per questioni di clima rigido e di ampi spazi, non vedrete mai (al contrario che in Italia) un gruppo di russi a fumare o chiacchierare fuori da un bar- ristorante: non hanno proprio questo genere di abitudine. A Mosca, se si entra in un locale è necessario sedersi (per questo spesso in quelli più trendy conviene chiamare in anticipo e prenotare), scegliendo in quale tavolo libero e se nella sala fumatori o non fumatori, e si avrà a disposizione solitamente comodi divani e un ricco menu di vivande. Non è concepibile bere senza mangiare (dal momento che solitamente si beve tanto!) e senza che la tavola risulti imbandita di stuzzichini di ogni tipo. Se vi capitasse la fortuna di essere invitati a qualche cena casalinga russa, vi sorprenderete dall’abbondanza di cibo che troverete già disposto sulla tavola- perché i russi amano l’abbondanza anche visiva, e servire le portate tutte in una sola volta, come nei nostri buffet, ma seduti a tavola e intervallando bevute e assaggi ai tipici tost (brindisi), fatti a turno dagli invitati, che richiedono un piccolo discorso in onore dell’occasione per cui ci si è riuniti (anche solo riguardo la salute e buona sorte dei presenti, i ringraziamenti al padrone di casa ecc…), e che esigono che non appena dopo il discorso si beva il proprio bicchierino (рюмка, rjumka) o boccale (бокал, bokal). Il tutto senza alcuna fretta.

ALIMENTI RUSSI- le basi per orientarsi

Il cibo russo non è particolarmente rinomato nel panorama mondiale della cucina. e fin qui penso di risultare piuttosto banale. Ce lo si figura come un cibo a base dei soliti stereotipi: caviale, panna acida, salmone, e piatti come filetto allo Stroganoff, carne con gelatina. In realtà è piuttosto variegato e se si trova il ristorante giusto anche gustoso (a piccole dosi, chiaramente). Le condizioni climatiche difficili del luogo, com'è ovvio, non permettono la coltivazione di parecchi ortaggi, perciò i piatti base della cucina casalinga sono a base di patate, carote, cavolo, barbabietole, funghi e molto aglio e cipolla e aneto, che non mancano mai nei piatti russi (perciò se li odiate o non li digerite vi consiglio di chiedere sempre prima al cameriere, se possibile, se il piatto che volete ordinare li contiene, il che spesso implicherà che voi dobbiate cambiare scelta). In generale la cucina russa è a base di piatti piuttosto grassi per poter sostenere le temperature rigide e soprattutto la vodka, con cui si pasteggia, accompagnandola, per smorzarla, con cetriolini sottaceti o limone. Si mangiano inoltre molte zuppe calde o fredde, di cui naturalmente la più famosa è il borsh dal colore bordeaux per via della barbabietola, e l’accompagnamento di molte pietanze sono i bliny (crepes cui si può aggiungere qualunque ripieno).
Sono molto diffuse le pietanze nel barattolo, che ai tempi dell’unione sovietica era il sistema più diffuso di conservazione del cibo, per questo sono famosi i cetriolini russi, le marmellate e quant’altro. I russi hanno anche un certo tipo particolare di pasta, più precisamente ravioli chiamati pelmeny in Russia e vareniki in Ucraina; sono bianchi, molto grandi e abbondantemente ripieni di carne o ricotta o patate e funghi; si accompagnano con panna acida.
Hanno anche un’ampia scelta di prodotti da forno, di cui i piroshki sono il piatto più tipico: saccottini di pasta sfoglia anche in questo caso ripieni di carne, patate, cavolo o funghi. Il pane nero o di segale è senz’altro ottimo. Personalmente adoro anche altre varianti speziate, impastate con cereali, mais, o frutta secca.
Per quanto riguarda il pesce, senz’altro il salmone è molto consumato, sia affumicato che marinato, nonché le uova di salmone (cioè il caviale rosso, che costa molto meno di quello nero di storione ma è ugualmente molto gustoso). Un’altra famosa proposta di pesce, meno raffinata, è il vobla. Si tratta di un pesce tipico del mar Caspio, preparato sotto sale e da gustare senza salse né contorni con la birra, intero e croccante (la tradizione vuole che uova e interiora vengano scaldate con l’accendino e mangiate, per i fegati più forti); con la birra i russi amano mangiare diversi generi di pesce secco sotto sale, che si può acquistare in buste di plastica al supermercato.
Naturalmente questo genere di cucina è molto distante da quella cui noi italiani o europei siamo abituati. Per questa ragione i russi hanno in generale un’adorazione incondizionata per la cucina italiana- seppure per loro sia difficile assumere un così alto apporto di carboidrati giornalmente (di fatti, sono soliti ordinare una pizza da dividere tra amici, non hanno la concezione di ordinare una pizza intera da mangiare da soli). Ciò che amano della nostra cucina è esattamente ciò di cui sono privi: verdura fresca (considerata un vero lusso e piacere), pasta e pizza naturalmente, spezie fresche come basilico e origano, formaggi come mozzarella di bufala e i vari squisiti formaggi e salumi stagionati e, naturalmente, i vini. Personalmente credo che una delle cose in cui la loro cucina è più carente sono i dolci. Altra ragione per cui senz’altro ce li invidiano. Un tipico dolce russo è la torta millefoglie chiamata “Napoleon” (creato per festeggiare la cacciata di Napoleone) a base di burro, farina e latte condensato. Personalmente l’ho sempre trovato pesante e un po’ stantio- è difficile mangiarne di buoni e freschi, a meno di non conoscere un ristorante rinomato o mangiare quello fatto in casa. Nei supermercati non fatevi ingannare dall’ampia scelta di torte confezionate (spesso già tagliate a fette e molto alte, in stile vagamente americano): sono semplicemente tremende, con creme vecchie e stucchevolmente dolci. Sembrano di plastica.

Ripassiamo i nomi di un po’ di tipici prodotti alimentari russi:

блины  (blinì) sono come le crépes francesi, piatto base che i russi mangiano con molti ripieni: caviale rosso, funghi, carne, formaggio, cavolo, verdure, spesso accompagnati da panna acida e burro.

сметана (smetàna) panna acida  (accompagnamento a parecchi piatti che non può mancare sulla tavola russa, per condire sia primi piatti come pelmèni, che i bliny; si può trovare anche quella con una minore concentrazione di grassi, se si vuole stare attenti alla linea).

лосось (lasòs)  salmone (altra pietanza che compare spesso, anche affumicato o marinato: копченный, kapchiònnij, маринованный, marinòvannij)

oгурцы (agurtzì) cetrioli

капуста (kapùsta)  cavolo

картошка с грибами (kartòshka s gribàmi) patate e funghi

водка (vòdka)  vodka

вобла  (vòbla), pesce del mar Caspio

пирошки (pirashkì), una sorta di saccottini di pasta sfoglia solitamente salati, anche qui con vari ripieni (di solito carne, o cavolo, o patate e funghi).

Пельмены, вареники  (Pelmèni, varèniki) (variante ucraina) sono ravioli alla russa ripieni anche qui generalmente di carne o ricotta, che mangiano guarniti di panna acida.

творог (tvoròg) ricotta

икра красная/ чёрная (ikrà kràsnaya/ciòrnaya) caviale rosso/nero

свекла (sveklà)  barbabietola

укроп  (ukròp) aneto

супы (sùpy) zuppe, portata sempre presente sulla tavola russa

борщ (borsh)la tipica zuppa russa e ucraina con barbabietola, carote, carne, patate ecc

солянка (saliànka) tipica zuppa russa con carne, pesce o funghi, e altri ingredienti come cetriolo, pomodoro, cipolla…

окрошка (akròshka) zuppa fredda russa con aneto, cetrioli, patate, cipolle, uova e manzo o vitello lesso, condita con kvas (oggi con kefir o birra) e smetana.

кефир (kefìr) è una sorta di yogurt più liquido ricavato da latte di mucca con una particolare concentrazione batterica di fermenti lattici.

компот (kampòt) è una bevanda a base di frutta, una sorta di composta di frutta o bacche ottenuta facendo bollire con zucchero la frutta secca

квас (kvàs) è una bevanda con poco più dell’1 per cento di alcool, simile alla birra, ricavata dal pane nero o segale fermentati.

чифирь (cifìr) si tratta invece di un the tradizionalmente bevuto nei carceri; si ottiene con 2/3 cucchiai di the nero non filtrato, che viene lasciato nell’acqua bollente fino a che non sarà arrivato a toccare il fondo; è molto forte, ed è ritenuto psicostimolante.

оливе (oliviè) la tipica "insalata russa" con maionese, verdure e prosciutto, che invece per loro è insalata alla francese.

giovedì 10 ottobre 2013

PASSO 3- PAROLE CHIAVE- parte seconda

2) RICHIESTE di INFORMAZIONI   вопросы    - информация
Continuiamo con le situazioni basilari in cui si incappa nella vita quotidiana. Naturalmente servono anche delle basi grammaticali per poter mettere i complementi al giusto caso, ma già queste espressioni spero possano essere d'aiuto.
-Mi scusi, saprebbe dove si trova....Извините, пожалуйста, вы не знаете, где находится....(izvinìtie, pazhàlsta, vy nie znàietie, gdiè nahòditza....)
Mi dica per favore dove si trova ...Скажите, пожалуйста, где находится  (skazhìtie, pazhàlsta, gdiè nahòditza...)
come andare a....(a piedi) как идти в...(kak ittì v...)
(con i mezzi) как ехать в...(kak ièhat v...)
come raggiungere(a piedi) как дойти до....(kak daitì do...)
(con i mezzi) как доехать до...(kak doièhat do...)
***avrete notato che in russo si usano verbi differenti per indicare il moto a piedi o con un mezzo- su questo punto tornerò, perché è molto importante per la lingua russa e curioso.
-Mi sono perso  я заблюдился (uomo) ya zabliudìlsya / заблюдилась (donna) ya zabljudìlas
-Sto cercando....я ищу....  (ya ishù)
-(andare, moto a luogo) A destra   направо  (napràva)
-A sinistra   налево  (nalièva)
-Dritto  прямо  (priàma)
-(trovarsi, stato in luogo) Sul lato destro  с правой стороны  (s pràvoi storanì)
-Sul lato sinistro  с левой стороны  (s lièvoi storanì)
-Vicino   блиско (blìska)
-Lontano da qui  далеко отсюда  (daliekò atsiùda)
-A piedi пешком pieshkòm
-(andare con un mezzo) con il metro, con il taxi, con l'autobus, con il tram ехать на метро, на такси, на автобусе, на трамвай  (ièhat na metrò, na taksì, na avtòbuse, na tramvài)
-Entrata вход  (vhòd)
-Uscita выход  (vìhod)
-Passaggio (pedonale) переход  (perehòd)
-Cambio (di valuta)  обмен валюты (abmèn valiùty)
-Ospedale больница  (baglnìtza)
- Pronto soccorso скорая помощь  (skòraya pòmash)
- Albergo гостиница  (gastìitza)
- Ristorante ресторан  (restoràn)
- Caffetteria кофейния  (kafèinia)
-Polizia милиция   (milìzia)
-Supermercato  продуктовый магазин / ipermercato гипермаркет  (produktòviy magazìn/ gipermàrket)
-Centro commerciale  торговый центр   (targòvyi tzèntr)
-Mercato рынок  (rynok)
-Farmacia оптека   (aptièka)
-Cinema/ teatro   кино /театр   (kinò/ teàtr)
-Edificio  сдание   (sdànie)
-Noleggio, affitto аренда  (ariènda)
-Università университет   (universitièt)
-Centro центр  (tzèntr)
-Palazzo (reale)  дворец  (dvoriètz)
-Casa (palazzina)  дом  (dòm)
-Appartamento квартира   (kvartìra)
-Ponte  мост   (most)
-Città  город   (gòrad)
-Cittadina  городок  (garadòk)
-Libreria  кинжный магазин  (knìzhnij magazìn)
-Museo музей  (muzèi)

3)  LE CASE RUSSE   Русские дома
Le case russe sono diverse da quelle europee- questo è ovvio. Sono quasi tutte fatte allo stesso modo, con il cortile interno con i giochi per bambini. Sono numerate sia le case (nel senso di palazzina) che i singoli appartamenti all'interno. A volte troverete anche la dicitura строение, cioè edificio, e poi корпус (ulteriore classificazione della sezione dell'edificio).
Un tipico indirizzo russo è il seguente:
Проспект Вернадского, дом 15, квартира 18, 2 этаж
улица Пушкина, стр. 1, корпус 5, офис № 14
Per quanto riguarda i piani (этаж, si tratta di un gallicismo), vengono contati in Russia in maniera diversa da noi. Il loro primo piano corrisponde al nostro piano terra, il secondo al primo e così via.
Per quanto riguarda le strade, c'è la classificazione in: via (улица), piazza (площадь), bulevard (бульвар), viale (проспект), vicolo (переулок), collinetta (вал)

4) AL TELEFONO:  по телефону
-Buongiorno, sono.... potrebbe passarmi....здравствуйте, это (VOSTRO NOME) Мне можно пожалуйста ....(nome della persona cercata all'ACCUSATIVO) (sdràvstvuitie, eta....mne mòzhna pazhàlsta....)
-Lui/lei non c'è, è uscito/a  Его/ её нет. Он ушёл  она ушла  (ievò/ieiò nièt. On ushòl/anà ushlà)
-D'accordo, richiamerò più tardi/tra ... minuti   Хорошо, я перезвоню через ...минут (karasciò, ya peresvaniù chèrez...minùt)

5) NEL NEGOZIO  в магазине
-Buongiorno, mi può dire quanto costa questo?  скажите пожалуйста, сколько стоит это? (skazhìtie, pazhàlsta, skòlka stòit eta?)
-Il suo resto  Ваша здача  (vàsha sdàcha)
-Sconto скидка (skìdka)
-Rublo рубль NOM. рубля GEN. рублей GEN. PLUR (rubl', rublià, rublièi)
-Ci sono altri colori/modelli/taglie?  У вас есть другие цветa/ модели/ размеры (u vas iest drughìe tzvietà/modèli/ razmièry?)


Il monologo de Le notti bianche

Al teatro Libero di via Savona a Milano in questi giorni danno una rivisitazione de "Le notti bianche" di Dostoevskij, diretta ed interpretata da Corrado d'Elia.
La cosa singolare ed inaspettata è che si tratta di un monologo. Mi aspettavo di trovare almeno due attori, "il sognatore" e Nasten'ka, ma Corrado d'Elia, seduto su uno sgabello e di bianco vestito, circondato da graziose lampadine a guisa di stelle e da uno sfondo cubico a scatola molto minimalista, sostiene da solo la parte di entrambi i personaggi della più romantica opera di Dostoevskij. Devo dire che la recitazione di d'Elia è ottima e molto coinvolgente, e che il tono tutt'altro che monocorde dei dialoghi che pronuncia, delle esclamazioni, delle uscite non annoia, nonostante il monologo sia una tipologia difficile da sostenere, soprattutto se applicata ad un'opera che non nasce come tale.
Il riadattamento di d'Elia è interessante, si fa seguire per un'ora e diviene simpatico, i dialoghi sono semplificati e reinterpretati in maniera accattivante. L'unica pecca che mi permetto di obbiettare è la seguente.
Ciò con cui- in maniera assolutamente unica, perfetta, commovente- Dostoevskij chiude le "Le notti bianche" è un geniale aforisma, paradossale e provocatorio, che mi fa sussultare ogni volta che lo penso e racchiude il senso di tutto il romanzo:
Боже мой! Целая минута блаженства! Да разве этого мало хоть бы и на всю жизнь человеческую?..
"Dio mio! Un intero minuto di beatitudine? E' forse poco per colmare l'intera vita di un uomo?"
La frase è pruriginosa, ardita, quasi inaccettabile. Certo che no, che un minuto di beatitudine non è sufficiente per saziare un'intera vita- viene immediatamente da rispondere, quasi offesi! Eppure...una volta entrati all'interno del mondo sognato del sognatore, delle sue notti bianche passate a pensare ad occhi aperti, a fantasticare su un mondo magico fatto di dolci illusioni, di gioia e di ideali di cristallo e oro, una frase del genere diventa persino accettabile. E' estremamente commovente farla aderire ad un personaggio che della vita in fondo ha sempre avuto terrore: il terrore che essa lo deludesse, la paura del reale. Nel suo mondo rassicurante di sogni, nel suo rifugio ideale, egli non ha mai affrontato l'impatto crudo e poco imbellettato con la realtà di ogni giorno, fatta di autobus che ritardano, imprecazioni, brutti voti, licenziamenti, lavori faticosi e quant'altro; eppure, per la prima volta, parlando con una donna vera, Nasten'ka, di cui immediatamente si innamora, egli entra nel mondo reale. Un mondo che, inevitabilmente, lo deluderà (Nasten'ka ama e aspetta da un anno il ritorno di un altro uomo, e vede il nostro sognatore nel classico modo fintamente ingenuo in cui tutte le donne dicono di vedere colui da cui non sono attratte: come un amico), ma che egli, ciò non di meno, ha amato. Amato perché nessuna emozione sognata può, naturalmente, competere con quelle realmente vissute. Ed è lì che arriviamo persino a dargli ragione. Quell'intero minuto di beatitudine, in fondo, è tutt'altro che comune ed è davvero sufficiente. E' un istante di felicità assoluta, e come dice il sognatore, è già bello che capiti anche solo una volta di provarlo, ma soprattutto di rendersene conto. E' l'attimo in cui abbiamo un'intuizione fugace, direi quasi istantanea. La più preziosa di tutte. Quel secondo di pura, totale, piena gioia che ci permette di pensare che: sì, ne è valsa la pena. Di essere gettati al mondo contro la propria volontà; di aver sopportato innumerevoli fatiche, vergogne, delusioni, frustrazioni, lacrime. L'attimo in cui la bilancia della vita pende dalla parte del: sì, lo rifarei. Sopporterei tutto di nuovo milioni e milioni di volte per vivere anche solo per un istante quello che non è altro che un istante.
Confesso che anch'io, in linea con il personaggio di Dostoevskij, fantasticavo su quella frase di chiusura della piéce; sognavo e attendevo con ansia l'istante in cui d'Elia avrebbe pronunciato quella frase. Mi pregustavo l'idea di come l'avrebbe recitata con la sua bravura d'attore, in maniera che difficilmente mi sarebbe capitato nuovamente nella vita di poter ascoltare, con quel tono. Ero pronta alle lacrime che quell'espressione avrebbe cullato e versato fuori dai miei occhi. Ebbene, quella frase non è arrivata- ed è stato in fondo splendido esser delusi, proprio come il sognatore dalla sua dama. D'Elia ha concluso facendo dire al suo personaggio che aver assistito alla scena in cui la sua Nasten'ka corre incontro ad un altro uomo "è stato un sogno...forse...tutto un sogno". Non ha tutti i torti. Per me, sicuramente, lo è stato.

martedì 8 ottobre 2013

La sonata a Kreutzer di Tolstoj: tra nichilismo e puritanesimo

Ciò che mi colpisce nell'opera di Tolstoj "La sonata a Kreutzer"(Крейцерова соната) è il contrasto sfacciato che si respira leggendola: tra il pessimismo talmente pronunciato da sfociare nel nichilismo e l'ideale puritano, cristiano che di fondo emerge come perduto. Sciocco non pensare che nelle parole del controverso protagonista e uxoricida, Pozdnyshev, non sia racchiuso il pensiero dell'autore riguardo al decadimento del valore del matrimonio, alle conseguenze funeste dell'amore carnale, alla condizione della donna che non riesce a non essere vista dall'uomo come "oggetto di piacere".
La forma, nella sua linearità e freddezza, sorprende perché sembra quasi che l'opera sia stata scritta di getto (seppure ve ne fossero versioni precedenti e meno incisive). Ciò cui siamo sottoposti, trovandoci nel treno assieme a Pozdnyshev, è un racconto- orazione del suo omicidio della moglie, in cui emergono idee ben precise sull'umanità, sul matrimonio, sulla procreazione e sull'amore carnale. Pozdsnyshev ha tutto il fascino degli anti-eroi russi tipici del tempo: odioso, nefando, criminale che uccide la moglie per gelosia e viene per giunta assolto dal sistema legislativo russo dei tempi! Pozdnyshev viaggia impunito sul treno e sorseggia un the forse troppo forte, raccontando nei minimi dettagli ad un viaggiatore la maniera in cui la gelosia, che lui definisce una "belva", abbia preso il sopravvento su di lui sino a condurlo a conficcare un pugnale al di sotto del costato della moglie, sorpresa in compagnia del maestro di violino.
Le sue idee sulla vita sono assai dissacranti, un contrasto spiccato tra l'odiare se stesso e la sua promiscuità sessuale, cui il matrimonio non mise fine, ma incanalò in una gelosia animalesca, in un odio sempre crescente verso la moglie e i figli, visti come ostacolo alla loro vita coniugale- e identificati come problema generale della decadenza e corruzione dei matrimoni nella società borghese russa. Tutto ciò accade, secondo Pozdnyshev, soltanto per colpa del fatto che l'amore carnale rovina la moralità dell'uomo. La soluzione che propone è la castità, che anche se dovesse portare all'estinzione della razza umana (cosa che secondo lui è certa sia per quanto riguarda i credenti che gli evoluzionisti) non sarebbe nulla di male, dal momento che la vita non ha senso, e che se ne avesse ed esso fosse il bene (ostacolato dall'amore carnale), cesserebbe comunque nel momento in cui avesse raggiunto il suo obbiettivo.
Una parte molto interessante dell'opera è quella in cui Pozdnyshev ci illustra la sua visione personalissima e singolare sulla musica, in particolare sul "presto" della Sonata a Kreutzer di Beethoven eseguita al violino dalla moglie e dall'amante. Pozdnyshev afferma che quella sonata è "una cosa terribile, spaventosa": "si può forse suonare in un salotto, in mezzo a dame in abiti scollati, questo presto? Suonarlo, e poi applaudire, e poi mangiare un gelato e parlare dell'ultimo pettegolezzo?". No, di certo! A suo avviso, una musica tanto densa della personalità e dei pensieri dell'artista è da suonare in momenti  ben precisi ed importanti, altrimenti  rimane una provocazione di energia vuota, inconcludente; quel tipo di musica "esaspera, non conchiude", e insinua nell'ascoltatore pensieri altrui; precisamente, in Pozdnyshev introdusse, come se gli "sussurrassero nell'anima", un'inattesa e odiosa gioia, trasportandolo nello stato d'animo di chi l'aveva composta e rendendolo lieto in un momento in cui al contrario egli avrebbe dovuto odiare con ogni forza ogni persona che gli stava intorno, ed in particolare proprio il violinista e la moglie.
Questa visione della musica come qualcosa che fa tutt'altro che elevare l'animo di chi la ascolta, ma che al contrario lo devia, lo trasporta e lo spiazza in un territorio cui egli è alieno, è uno degli aspetti più interessanti a mio avviso del libro, nonché dei più suggestivi e riusciti, perché permette di figurarsi Pozdnyshev, arso dalla gelosia, il cui sangue ribolle nelle vene ma viene mescolato e addolcito da note tentatrici, la cui bellezza è talmente innegabile e profonda da avere il sopravvento su ogni altro suo sentimento.
Magistrale e tremendamente inquietante anche la descrizione, in un crescendo di drammaticità e orrore, dell'omicidio della moglie, ben preparato (lui si toglie le scarpe, sceglie il pugnale ricurvo di Damasco, presagisce di sorprendere la moglie e l'amante, cui si avvicina di soppiatto), durante il quale egli non perde neppure per un istante la lucidità, al contrario, afferma che sono sciocchezze quelle che vedono nell'omicida una rimozione mentale del suo gesto. Egli ne ricorda ogni minimo dettaglio. Infine, lasciamo Pozdnyshev sconvolto dopo il ricordo dell'assassinio, trasportato da esso ed immerso nel ricordo così vivido da sembrare presente, ripetere le parole: "mi perdoni", rivolte alla moglie.
Tolstoj, in una postfazione, spiega e giustifica le idee espresse ne la Sonata a Kreutzer, sostenendo che la castità non sia che un ideale da seguire ma non un precetto, esattamente come lo è l'ideale della moralità cristiana, al quale gli esseri umani devono attenersi, aspirare il più possibile; che la castità non sia in contrasto con la continuità del genere umano, anzi, la favorisca, sfuggendo al libertinaggio, che è da evitare nella maniera più assoluta. Secondo lui è limitando lo sfogo del piacere e la riduzione delle donne ad oggetto e del matrimonio a strumento di piacere e gelosia, che l'umanità invece di estinguersi continuerebbe a procreare sotto l'egida del Bene.
E'qui che il nostro Lev' non mi convince fino in fondo, è qui che mi delude. Lev', tu che fai parlare il tuo Pozdnyshev come capro espiatorio, come vittima e carnefice della dissoluzione morale degli uomini del tuo tempo, tu che in lui vedi un uomo schiacciato dalle passioni e dal peccato, dal desiderio carnale e dalla gelosia, ma che al contempo si confessa e ne coglie tutto l'orrore e l'errore...proprio tu, poi ti giustifichi e dici che la castità non è un imperativo, ma un blando ideale? Che le tue idee non sono radicali come le sue? Certo, nessuno scrittore potrebbe mai dichiarare di essere in tutto e per tutto affine al proprio Raskol'nikov! Eppure, di quella squisita contrapposizione a tinte forti, di quell'ossimoro tra nichilismo e puritanesimo, tra colpa e pena, tra fascino ed orrore, tra castità e promiscuità, tra amore e ossessione incarnato da Pozdnishev, con il tuo poscritto ne hai fatto un grigio e piatto, bigotto e banale affievolimento a guisa di auto-giustificazione. Andiamo, come per i grandi (quale tu sei) non c'è bisogno di giustificarsi d'essere buoni, così non v'è neppure bisogno di giustificarsi d'essere terribili!

lunedì 7 ottobre 2013

Suggestioni dal Turkmenistan

Un posto singolare come Ashgabat, la capitale del Turkmenistan, non può lasciare indifferente. Mi capitò di soggiornarvi per due mesi per lavoro nel 2011, e fu un'esperienza che, nel bene e nel male, mi colpì al punto che scelsi questo luogo come ambientazione del mio romanzo d'esordio, "Polvere nel ventricolo destro".
Ad Ashgabat ciò che colpisce è innanzitutto l'assoluta mancanza di un centro in cui passeggiare; non si deve concepirla come una città nel modo classico in cui noi occidentali la si intende. Ashgabat è un agglomerato di palazzi nuovi e bianchi in mezzo al deserto, al nulla. I palazzi sono vuoti, hanno un'aria finta, uno stile moderno ma con influenze ancora sovietiche e insieme orientali. Il centro della città è l'area presidenziale chiusa al passaggio, inaccessibile.
Il Presidente è venerato come una sorta di Dio terreno, perciò le sue immagini troneggiano ovunque, ma non è possibile rapirle e diffonderle: ricordo che oscurarono il Facebook turkmeno per un paio di giorni, poiché uno di noi italiani aveva pubblicato un'immagine del Presidente sul social network. In compenso si è bombardati di opuscoli e interi libri in cui il Presidente è ritratto, proprio come ai tempi del fascismo lo era il Duce, impegnato nelle gesta eroiche più disparate: a cavallo nel deserto, persino tra le corsie degli ospedali, a fingere di interpretare una radiografia di un paziente- il risultato è oltremodo buffo e patetico, anche perché le immagini sono fotomontaggi di pessima realizzazione grafica. Quando il Presidente- cui è dedicata una statua d'oro nello sfarzoso e quasi sempre inaccessibile centro- passa per la città, essa si blocca completamente; le strade vengono chiuse, il traffico si ferma e i trasporti divengono inagibili.
Per il resto, ad Ashgabat c'è una vita, per il turista, assai poco movimentata: pochissimi ristoranti, centri commerciali e luoghi di ristoro; strade dissestate e continui cantieri; rigidissime restrizioni per quanto riguarda gli stranieri in visita: per tutti, il coprifuoco delle ore 23, oltre le quali non è possibile passeggiare a piedi per la città; ottenere il Visto per l'immigrazione è complicatissimo, e vi toccherà fare una coda di 3 ore minimo in aeroporto per entrare nel Paese; bisogna fare molta attenzione a relazionarsi con le donne del luogo, poiché è vietato che uno straniero passi la notte con loro nel suo appartamento; persino gli schiamazzi nelle case sono rigidamente vietati. Al minimo rumore, la polizia verrà a casa vostra a chiedervi di chiudere le finestre- per legge non possono essere tenute aperte per non disturbare, dicono. La polizia naturalmente trae enorme giovamento economico dalle diverse incursioni negli appartamenti dei turisti, dai controlli per strada o in macchina, poiché l'unico modo per allontanarla senza grane è quella di allungare loro un po' di manat (moneta locale).
Parlando con i turkmeni, si coglie la loro gentilezza, la loro volontà di fuggire da un Paese così restrittivo, ma allo stesso tempo una docilità che non permette loro neppure di concepire gruppi di dissidenti, un'opposizione organizzata: sono impossibilitati a contestare questa ossimorica "dittatura pacifica", in primo luogo dal sistema stesso, in secondo luogo dalla loro povertà, in terzo luogo dalla loro rassegnazione. Appaiono persino, per la maggior parte, entusiasti del Presidente e del prestigio che dona alla città. Ma il popolo è lontano dagli sfarzi e dal nepotismo della "casta" presidenziale, e vive nei sobborghi ad ore di autobus dal centro, vive in case popolari fatiscenti, aspetta e sogna i matrimoni per potersi abbuffare; il popolo vive cucendo abiti tradizionali, trapanando e appaltando le strade sotto il sole cocente, protetti da stracci bianchi sul viso per non respirare la polvere. Polvere che ovatta e abbraccia tutta la città, in un turbine di sabbia e di detriti bianchi degli scavi. Spuntano strani palazzi bianchi, un termometro gigante in mezzo al nulla, una nuova banca con l'effigie del Presidente, e tutti questi luoghi restano vuoti.
L'unico luogo che si riempie del calore degli abitanti è il gran bazar che sta ad una trentina di minuti in macchina dal centro, ma non si pensi al classico bazar in stile turco, orientaleggiante e variopinto; quello turkmeno è simile ad una grossa fiera, ad un outlet nel deserto, con merce di ogni tipo e per lo più stoffe o abbigliamento di bassissima qualità.
Eppure Ashgabat, proprio in questa sua vuotezza, insensatezza e diversità, mi ha parlato. Sono andata a cercare la sua anima tra la polvere e tra le buche del terreno. L'ho setacciata tra i granelli di sabbia, e l'ho scorta negli occhi dei vecchi mullah con il colbacco, nei denti d'oro delle donne con il loro chador colorato, nei loro occhi a mandorla. La sua anima è nascosta, ma esiste e pulsa. La sua anima ha tanto da raccontare; occorre soltanto respirare la sua polvere e farla entrare dentro di noi.






















domenica 6 ottobre 2013

PRESENTAZIONE DEL ROMANZO "Polvere nel ventricolo destro" di Valentina Moretti

Il 3 ottobre a Milano all'Offside Sports Pub di via Losanna 46 si è tenuta la presentazione del mio romanzo d'esordio, "Polvere nel ventricolo destro". La presentatrice, ovvero la giornalista Micol Sarfatti, e la lettrice Anna Fontanetto hanno illustrato in maniera vivace e stimolante gli aspetti principali di questo libro, edito dalle Edizioni Ensemble di Roma.
Un titolo singolare per un romanzo altrettanto singolare, innanzitutto per l'ambientazione: il Turkmenistan. Narra la storia del signor V, un cinico direttore di un'azienda di costruzioni dalle idee pessimistiche, provocatorie e dissacranti sulla vita, catapultato in Turkmenistan per lavoro. Nel suo viaggio avrà modo di modificare le sue agghiaccianti concezioni del mondo, anche grazie all'incontro con l'affascinante e sfuggente Ljudmila, di cui è innamorato, e di Vova, un ragazzino di origine ucraina verso cui sviluppa un inaspettato istinto di protezione. Tra battute ironiche, affermazioni politicamente scorrette e descrizioni del difficile adattamento dell'azienda italiana sul territorio, emergerà una scoperta sconvolgente riguardo al passato del signor V. Il viaggio lo porterà a conseguenze imprevedibili, in cui Bene e Male assumeranno connotati distorti e grotteschi.

Il romanzo è stato da me scritto sulla scia di una sfida: quella di rendere simpatico un personaggio nefando e negativo quale il signor V, di creare fra lui e il lettore un legame empatico, di mostrare l'attrattiva del Male e di esprimere attraverso V l'insoddisfazione verso ciò che nel mondo è ingiusto, crudele e non può essere cambiato. V è dunque un capro espiatorio, una valvola di sfogo che con le sue uscite "talmente blasfeme sulla religione, da far incazzare anche un ateo" in realtà è persino democratico nel suo odio verso il mondo nella sua interezza, che non fa distinzioni di razza o religione: è tutto il genere umano, secondo V, ad essere viziato, corrotto, sciocco ed immorale- egli compreso.
Il dramma di un misantropo che non sa come sopportare la pesantezza dell'esistenza avrà una catarsi, uno spiraglio di redenzione. Strizzando l'occhio a Schopenhauer, Nietzsche e Dostoevskij, il signor V valuterà diverse modalità di rendere la vita sopportabile e di "uscire da se stesso", fino a giungere ad una liberazione. Che poi la catarsi scelta da V sia una soluzione costruttiva, questo è del tutto opinabile.
Il libro è già reperibile su Internet sui principali siti di vendita online: Amazon, IBS, libreriauniversitaria.it e sul sito delle Edizioni Ensemble: www.edizioniensemble.com; sarà a breve disponibile su ordinazione in qualunque libreria in Italia.
Sarei lieta di ricevere le vostre recensioni, domande o commenti nel caso in cui siate interessati all'acquisto e alla lettura del romanzo.
Nei prossimi post, inserirò alcune osservazioni sul Turkmenistan.

Valentina Moretti